Perfino sul quotidiano La Repubblica…

 Contrordine in classe “Attenti al tablet: crea nuovi analfabeti”

Questo il titolo di un articolo su La repubblica del 7 gennaio 2016.

 E questo l’incipit

 

 “L’uso massiccio di pc e internet a scuola non assicura miglioramenti nelle performance degli alunni. Ma addirittura ne determinerebbe un calo negli apprendimenti.”

L’articolo prosegue:

“Benedetto Vertecchi, docente di pedagogia sperimentale all’università di Roma Tre, sostiene che l’uso delle tecnologie determina «una caduta nella capacità di scrivere» non solo in senso meccanico, con grafie sempre più incomprensibili o strani mix di stili e caratteri nelle stesse parole: corsivo e stampatello, maiuscolo e minuscolo. Ma problemi anche nell’apprendimento, nella memorizzazione, nell’argomentare.”

Lo studio di Vertecchi, decano dei pedagogisti italiani, intende mettere in guardia rispetto un uso troppo ottimistico degli strumenti hi-tech.

“Il copia e incolla riduce la consapevolezza ortografica e le capacità argomentative” sostiene il professore.

 

 

Non ci si può accontentare delle diatribe, e sarebbe semplicistico  demonizzare tablet e PC.

S’impone il tentativo di capire la ragione per cui può essere saggio un mix tra la pratica dello scrivere a mano in corsivo e l’uso discreto e consapevole delle tecnologie quali tablet e personal computer.

Pertanto occorre far riferimento  a  quegli studi in campo psicologico e cognitivo che hanno indagato e stanno indagando attorno alle incidenze della scrittura manuale e non sui processi di apprendimento.

 

Ed anche gli esperti…

 

Alcuni studi di psicologi e neuroscienziati evidenziano come i bambini che scrivono in corsivo a mano imparino a leggere in modo più consapevole e critico perché fanno registrare un’attività neuronale molto ampia e dimostrano come  la scrittura manuale coinvolga aree del cervello tipiche dell’attività del pensiero oltre che  del linguaggio e della memoria.

 

Karin James, psicologa all’Indiana University, ha utilizzato uno scanner per vedere come la scrittura a mano influenzi l’attività cerebrale dei bambini rilevando che alla consegna di disegnare una lettera a mano libera  mettevano in azione tre aree del cervello che corrispondono a quelle che gli adulti attivano quando leggono e scrivono.

Il gruppo di bambini che avevano la consegna di digitare la stessa lettera o tracciarne i contorni su un modello predisposto ha fatto rilevare un’attivazione molto più debole delle tre aree o di non attivarle tutte.

La ricercatrice sostiene che la scrittura a mano risulta più libera ed impegnativa poiché richiede una sorta di progettazione dell’azione da compiere e proprio perchè il risultato può essere molto variabile ed imperfetto rispetto al modello offerto, si attua una benefica  strategia di apprendimento: essere in grado di riconoscere una lettera nella gamma di variazioni possibili della scrittura a mano comporta una consapevolezza maggiore rispetto alla decifrazione dello stesso segno ripetuto in modo identico.

In un altro studio il suo team di ricerca ha messo a confronto gruppi di bambini a cui è richiesto di scrivere con gruppi di bambini a cui è richiesto di guardare scrivere, rilevando come solo l’atto effettivo dello scrivere garantisce una decifrazione più consolidata dei segni grafici.

Virginia Berninger, psicologa presso l’Università di Washington, ha dimostrato che scrivere in stampatello, scrivere in corsivo, e digitare su una tastiera  mettono in campo schemi cerebrali distinti. Inoltre sostiene, dopo accurate osservazioni, che i bambini quando scrivono a mano mediamente dimostrano di avere più idee da comunicare rispetto a coetanei abituati all’uso quasi esclusivo della tastiera.

Anche di fronte al compito di argomentare attorno a un tema, si sono rilevate differenze tra i bambini in base al grado di abilità grafica manuale: scrivendo a mano si mettono in atto capacità rielaborative accanto a quelle manipolative.

Ciò è confermato da psicologi dell’University of California osservando  anche gli studenti, quindi non solo i bambini in fase di alfabetizzazione: quelli che prendono appunti a mano e quelli che prediligono l’uso della tastiera; il processo di  memorizzazione, di riflessione e la competenza nel formulare ipotesi e idee rilevano essere percentualmente migliori nei primi.

Torniamo al progetto sperimentale romano

Tornando al professor Vertecchi : il suo progetto sperimentale   “ Nulla dies sine Linea” “ Neanche un giorno senza tracciare una linea” intende sondare e verificare l’ipotesi secondo la quale scrivere a mano migliora le capacità di pensiero, di ideazione e perfino le competenze matematiche nonché l’autonomia personale.

Scrive l’intervistatrice Angela Padrone:“ Il progetto coinvolge 350 bambini delle classi elementari di terza, quarta e quinta, in due scuole di Roma l’Ic Tor de’ Schiavi-Cecconi e l’Ic Mar dei Caraibi di Ostia.
«Noi abbiamo preparato dei fogli che vengono distribuiti ai bambini tutti i giorni per un periodo di circa 5 mesi» spiegano due delle curatrici del progetto, le dottoresse Gabriella Agresti e Cinzia Angelini. Ogni bambino è identificato da un codice, visto che non si vuole trasformare il progetto in una valutazione, e i bambini devono scrivere un numero fisso di righe su un argomento diverso ogni giorno, che sia la descrizione di una giornata di vacanza, o l’aula in cui si trovano e così via. Alla fine si cercherà di scoprire se l’esercizio quotidiano avrà prodotto un cambiamento non solo nella capacità di scrittura manuale, ma soprattutto nell’uso del lessico e nell’organizzazione dei concetti.”

Queste considerazioni non esulano del tutto dal problema  – ora rilevato da più parti – delle  sempre più scarse competenze degli studenti italiani in merito allo scrivere correttamente e al leggere comprendendo testi mediamente articolati.

Di certo questo declino ha  motivazioni più ampie e profonde  e ha a che vedere con responsabilità precise in merito a politiche scolastiche dal profilo debolissimo sotto molti versanti,  dall’esiguità degli investimenti, alla “furia” burocratica, da programmi ministeriali sfilacciati e incongruenti al mito della scuola-azienda.

( Maio Eva)