La Pedagogia Clinica ha due finalità:

  1. la comprensione di ciò che avviene nel soggetto, dei suoi problemi e delle sue difficoltà;
  2. l’aiuto educativo e di accompagnamento con l’uso di tecniche particolari rivolto al superamento della difficoltà.

Chi si rivolge al Pedagogista Clinico?

  • Tutti quelli che ricercano una maggiore coscienza di sé attraverso un più armonico rapporto tra la mente ed il corpo.
  • I soggetti in età evolutiva: bambini, adolescenti, giovani;
  • adulti di ogni età.

Possono essere:

  • persone in stato di difficoltà o disagio (ansia, depressione, crisi dei momenti di passaggio, coppie e famiglie in difficoltà, problemi nel rapporto genitori/figli);
  • Persone con disturbi legati allo stress, abitudini motorie errate;
  • Persone con difficoltà di apprendimento (problemi nella lettura, nella scrittura, nel calcolo matematico, difficoltà nella memoria e nella attenzione);
  • Persone con disturbi nel comportamento, nella relazione e nel rapporto con gli altri.

Nello studio “CREANDO..CI”, oltre a lavorare con la persona nelle sedute individuali, si strutturano gruppi di lavoro, i cosiddetti laboratori, su alcune tematiche particolari: laboratori d’espressione corporea e d’educazione psicomotoria; laboratori d’espressività grafo – pittorico – segnica; laboratori d’ascolto – espressività verbale – musicale – drammatica.

La persona che si rivolge al Pedagogista Clinico si propone con il proprio stato d’animo ed il proprio stile di vita.

Nel corso di un colloquio preliminare lo specialista verrà a conoscenza delle informazioni necessarie e delle eventuali diagnosi effettuate da altri specialisti, mentre negli incontri successivi sottoporrà la persona alle prove valutative indispensabili per la corretta formulazione della diagnosi pedagogico – clinica: non dimentichiamo comunque che lo specialista parte dall’analisi dei bisogni con cui il soggetto cerca di farsi capire e solo da questo prenderà il via il suo intervento.

Dopo aver esaminato i dati in suo possesso, il Pedagogista formula la valutazione pedagogico –  clinica, che non vuole essere un’etichetta o una classificazione medica, bensì un aiuto, inteso a raggiungere la persona nella sua totalità.

Compito del Pedagogista Clinico non è quello di considerare il sintomo, la malattia, bensì di ragionare in positivo, sulle capacità residue, sulle possibilità che rimangono, su ciò che il soggetto possiede ancora: infatti non si può lavorare sull’assenza di qualcosa, si lavora invece su ciò che è tuttora presente.

Dopo la formulazione della valutazione clinica, viene definito un progetto di intervento, proposto poi all’attenzione della persona interessata e dei suoi familiari e, in seguito, può cominciare l’intervento vero e proprio.

Il Pedagogista Clinico si serve di principi dinamici, attivi, che conducono la persona a far nascere dentro di sé nuove necessità, ad arricchire l’ispirazione, sollecitare i desideri, trasformare con più disponibilità il pensiero in azione, attivare e risvegliare l’attenzione.

Si tratta di seguire, con successo, il compito di restituire al soggetto un totale, personale ed autentico linguaggio, la possibilità di prendere coscienza del proprio corpo, delle proprie emozione, sensazioni ed espressioni.

Non si può considerare solo un aspetto della persona, si rischierebbe di creare un disequilibrio: perciò non si interviene mai sul singolo disturbo, ma sulla persona intesa in senso globale.

La pedagogia clinica si rivolge anche ai DSA, i disturbi specifici dell’apprendimento.

Innanzittutto dividiamo i vari ambiti di cui ci occupiamo:

  •  Le difficoltà di letto – scrittura e di calcolo vengono affrontate con l’utilizzo di tecniche specifiche quali: l’educromo, il prismograph, il bon geste. Molto utili sono le tecniche di educazione psicomotoria per la conoscenza dei rapporti spaziali, e l’uso della musica e del ritmo per la spazio – temporalità. Non dimentichiamoci che la pagina del quaderno è lo spazio nel quale mi muovo, così come la pagina del libro; la lettura, così come il calcolo, è il ritmo, la musica. Nasce da qui l’utilizzo di tecniche, come quelle menzionate, che non sono un mero addestramento su scheda, utile sicuramente in ambito diverso… bensì una messa in gioco dell’intera persona, a partire dal suo schema corporeo, da questo corpo nello spazio e dal ritmo che questo corpo ha in sé, respiratorio e cardiaco. Tutto questo in base naturalmente, a percorsi individualizzati.
  • Sulle carenze di memoria e di attenzione si lavora con metodologie che appartengono alla pedagogia clinica quali il Memory empowerment method, fatto di esercizi atti a stimolare la memoria a breve termine e quella a lungo termine. Viene  comunque, anche qui privilegiato il lavoro corporeo: vivere e rappresentare con il corpo determinate esperienze, suddividendole in sequenze da scomporre e ricostruire.
  • Un discorso a parte meritano le difficoltà di tipo emotivo – relazionale, che si evidenziano, se pure con modalità diverse, in tutte le fasi dell’età evolutiva. Con i bambini ed i ragazzi con problemi di DSA sempre si lavora sul fronte emotivo – affettivo- relazionale, perché la persona non è suddivisa in compartimenti stagni, ma è un tutt’uno, ogni parte si collega alle altre e al tutto, in modo da comprendere ogni volta la persona intera. Così un problema di DSA si ripercuote sull’individuo nella sua totalità, investendo ogni sfera, non solamente il versante dell’apprendimento. In queste situazioni la pedagogia clinica propone la distensione corporea e immaginativa, attività atte a far scoprire e ri – scoprire la propria geografia corporea quali tecniche di educazione psicomotoria, gestalt dance, espressione corporea… a queste si affiancano attività volte a stimolare e far emergere la creatività personale di ognuno, potente risorsa su cui far leva nei momenti di difficoltà e di disagio.

    La creatività è quella che ci viene in aiuto nel trovare soluzioni impensate a problematiche presenti, è guardare un momento di difficoltà con uno sguardo diverso, così da vedere sfaccettature mai percepite prima. Abbiamo così il laboratorio delle attività espressive: qui troviamo tecniche manipolative libere e guidate, la pittura e il disegno olistico, l’attività di drammatizzazione con i burattini e le maschere, la creazione di mandala. Un altro mezzo ricco di stimolazioni è la fiaba, e qui viene utilizzata sia come ascolto, sia come creazione di fiabe nuove, con la possibilità di mettere in scena la storia creata, usando metafore e proiezioni che avvicinano la persona alla parte profonda di sé, alle sue problematiche sì, ma anche alle sue risorse profonde.